lunedì 2 ottobre 2006

Questa finanziaria merita un bel voto

di EUGENIO SCALFARI


STANGATA fiscale, grida la destra (e il centro). Poche riforme e nessun serio recupero strutturale della spesa, affermano sentenziosi gli economisti indipendenti. Berlusconi, Tremonti, Bossi e Fini chiamano la piazza a scendere in piazza. Casini forse in piazza non ci andrà ma sicuramente applaudirà dalla finestra. Il circo mediatico dal canto suo (con pochissime eccezioni) piange sulle sorti del ceto medio tartassato. Quanto al governo, difetta di efficaci strumenti di comunicazione e quando ne ha li usa male per difetto di comunicativa.

Sicché l'impressione generale, l'apparenza, è che questa Finanziaria con i suoi annessi e connessi sia nel migliore dei casi mediocre e segni comunque la vittoria politica della sinistra massimalista che avrebbe Prodi come portabandiera. Personalmente non condivido affatto questa "apparenza". Personalmente ritengo in tutta onestà che questa sia una buona Finanziaria. Con alcuni difetti, ma con un saldo positivo rispetto agli obiettivi che erano stati sostenuti in campagna elettorale. Quegli obiettivi, ricordiamolo, erano tre: raddrizzamento dei conti pubblici rispetto ai parametri europei, sviluppo dell'economia, equità sociale. Padoa-Schioppa aveva aggiunto l'impegno di economizzare sulla previdenza, sugli sprechi della pubblica amministrazione centrale e locale, sulla sanità. Prodi infine aveva più volte ripetuto che non avrebbe gravato la mano sui contribuenti specificando però che avrebbe spostato il carico dalle spalle deboli a spalle meno deboli.

Dopo essermi studiato per quanto possibile la foresta dei numeri (sciopero dei giornali permettendo) io penso che gli impegni assunti con gli elettori e con l'Europa siano stati adempiuti almeno in buona misura. Ho l'impressione d'essere tra i pochi a sostenere questa tesi, ma poiché mi capita spesso, questa probabile solitudine non mi sconforta. Cercherò di essere chiaro nella dimostrazione di questa tesi.

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La manovra ammonta complessivamente a 33,4 miliardi di euro. Manovra imponente, su questo non mi pare ci possano esser dubbi. Nonostante il netto miglioramento delle entrate del 2006 che si valuta attualmente - a legislazione vigente - in oltre 10 miliardi. Faccio osservare a questo proposito che la sinistra massimalista aveva chiesto perentoriamente di ridurre la manovra prima a 30 e poi 26 miliardi e di spalmare la parte destinata al raddrizzamento dei conti pubblici su due anni anziché sul solo 2007. Questi suggerimenti avrebbero creato più danni che vantaggi e il governo non li ha accolti. Vuol dire che il cosiddetto timone riformista ha tenuto.

Il governo sostiene che i 33,4 miliardi si ripartiscono in 15 destinati al raddrizzamento e 18,4 alla crescita e all'equità. Sostiene anche che 13 miliardi proverranno da entrate e 20 da economie. L'opposizione naturalmente contesta, cifre alla mano. Purtroppo quelle cifre, nove volte su dieci, sono dei falsi palesi. Dico purtroppo perché a me piacerebbe che almeno sui numeri non si discutesse, ma basta consultare i giornali della destra usciti per due giorni senza concorrenza nelle edicole per avere la dimostrazione di quei falsi.

Vediamo dunque quei numeri più da vicino, a cominciare dall'operazione equitativa con la quale il governo, e Visco in particolare, ha modificato il peso fiscale spostandolo da spalle deboli a spalle meno deboli.

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Il ceto medio è un termine che designa realtà diverse. Si va dalle fasce di reddito intorno ai 15 mila euro annui ai 60 mila, cioè da 1.200 euro netti mensili a 3.500. Questa platea coinvolge più dell'80 per cento dei contribuenti. Il resto è formato da fasce esenti o da ricchi-ricchissimi. Il sommerso è un mondo a sé che secondo calcoli aggiornati supera il 20 per cento del Pil "visibile".

Tra le fasce da 15 mila e quelle da 60 mila di reddito ci sono quattro lunghezze di distacco, 60 mila è infatti di quattro volte superiore a 15 mila. Il governo ha fissato la linea di discrimine a 40 mila euro di reddito. Vuol dire che da 40 mila cominciano i ricchi? Ovviamente no, tanto più che 40 mila sono lordi. Al netto dell'imposta ne restano poco più di 30 mila, vuol dire 2.300 euro mensili per tredici mensilità. Non c'è affatto da scialare. I redditi da 60 mila arrivano ad un netto mensile di circa 3.000 euro. Non si sciala neanche lì, ma si respira. L'operazione redistributiva premia le fasce di reddito fino a 40 mila in modo abbastanza consistente. La spesa totale destinata al miglioramento di questi cittadini lavoratori e contribuenti è di 7,3 miliardi. Dalle fasce superiori il fisco preleverà complessivamente 6,7 miliardi. La differenza di 600 milioni la metterà lo Stato.

Un economista indipendente (di quelli che simpatizzano col centrosinistra e danno sempre ragione alla destra) ha sostenuto che i contribuenti beneficiari percepiranno un vantaggio di 6 euro a testa all'anno. Mentre - ha detto - tutto il peso si scaricherà sui redditi da 75 mila euro in su e lì sarà macelleria.
Naturalmente queste simulazioni sono sbagliate. I redditi dei ceti medi inferiori avranno benefici del 3 per cento attraverso detrazioni e tagli alle imposte sul lavoro. I ceti medio-alti subiranno aggravi molto modesti fino a 60 mila euro di reddito. Ho calcolato la penalità d'un reddito di 80 mila (55 mila netti). Pagherà in più 66 euro al mese, una discreta cena per un coperto e una cena magra per due coperti al ristorante. Macelleria sociale? È un po' forte.

Gli esenti dalle imposte sono i redditi fino a 8 mila euro per un singolo. Per un contribuente con moglie e un figlio l'esenzione arriva a 13 mila euro, con due figli a 15 mila. Di fatto l'asticella dell'esenzione media si colloca sui redditi da 15 mila. Non è poco.

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Mi pare che la vituperata macelleria si riduce a tirare il collo ad un pollo al mese. E passo perciò ad un altro argomento, quello delle tasse tasse tasse. Tutte pagate dal Nord. In particolare dal lombardo-veneto.
Che il lombardo-veneto sia la zona più produttiva d'Italia è un dato reale che fa onore a quelle regioni. Che essendo la zona più produttiva e quindi più ricca sia anche quella che contribuisce di più, mi pare altrettanto ovvio. Che debba avere i servizi ai quali ha diritto e che su questo punto vi sia un deficit drammatico è lapalissiano e di quel deficit sono responsabili i governi degli ultimi vent'anni, a terminare col quinquennio berlusconiano.

L'opposizione, in nome del Nord, si ribella. Vuole che a pagare siano gli evasori e non i contribuenti che fanno il dover loro. Lo dice Formigoni, lo dice Cesa, lo dice perfino La Russa, il d'Artagnan dei poveri. E lo dice anche Silvio Berlusconi. Ora a questo punto io voglio tributare un caloroso applauso a questi convertiti. Veramente. Era tempo che si convertissero e vanno accolti come altrettanti figlioli prodighi. Sia dunque ucciso il vitello grasso in onore di questi professionisti del condono fiscale.

Ciò detto, perché protestano? Di che cosa si dolgono?
Nella Finanziaria in questione ci sono 7 miliardi di entrate provenienti dal recupero dell'evasione. Sette miliardi su un'entrata tributaria stimata in Finanziaria a 13 miliardi. In dodici mesi un risultato così è un esercizio per il quale Visco meriterebbe una promozione. Si tratta di previsioni, perciò gli ho chiesto ieri se è sicuro dell'esito. E ha risposto che ne è certo. Mi auguro che porti a casa quel risultato e che prosegua su quella strada.

Se nei cinque anni di legislatura si arrivasse gradualmente a recuperare il 15 per cento dell'evasione, il fisco incasserebbe annualmente niente meno che 30 miliardi da questa voce. I 7 miliardi del 2007 sono (saranno, sarebbero) un ottimo inizio perché recuperare l'evasione comporta tempi lunghi. Perciò trovo assai strano che nessuno fin qui abbia messo l'accento su quest'aspetto della Finanziaria.
Debbo aggiungere che l'evasione non è quasi mai totale. Molto spesso l'evasore paga almeno il 30 per cento del suo debito fiscale. È oltraggioso pensare alla struttura delle aziende grandi e piccole? Private e pubbliche? Ai professionisti? Agli artigiani che non ti danno una fattura nemmeno se li impicchi? Ai lavoratori dipendenti che hanno un secondo lavoro (nero)? Non è oltraggioso, è la realtà. L'evasione, parziale ma consistente, è la frangia di ogni tappeto. Il guaio italiano consiste nell'entità della frangia che occupa a dir poco un quarto del tappeto.

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I paletti di Padoa-Schioppa. Nei numeri della Finanziaria le risorse provenienti dalla sanità sono di circa 3 miliardi, dalla previdenza più di 5, dagli enti locali 4,3, dalla pubblica amministrazione (al netto dei contratti) altri 3. Per di più in queste cifre non entrano i risultati a più lungo termine che proverranno dalla riforma pensionistica di cui si comincerà a discutere dal prossimo gennaio.

Poteva far di più il tecnico Padoa-Schioppa? Forse sì, difficile dirlo, bisognerebbe star seduti su quella sedia per saperlo. Di una cosa però sono certo: il ministro del Tesoro che è un uomo politico per definizione, non poteva fare di più. Secondo me il risultato che ha raggiunto merita 110 con la lode. La mia pagella non conta, ma io comunque gliela do. E la do anche, anzi "in primis", al presidente del Consiglio al quale però mi permetto di attribuire un voto di insufficienza per la sua "performance" a Montecitorio sulla questione Telecom. Lì è andata male, lui non è tagliato per i dibattiti parlamentari. Ma sulla Finanziaria è stato bravo ed era il passaggio più tosto.

***
Resta da dire sui cinque miliardi del Tfr, punto dolentissimo per la Confindustria. E sul cuneo fiscale.
Su questo secondo aspetto non c'è che rallegrarsi: era un impegno, è stato mantenuto. Attenzione però: dà un po' di ossigeno alla competitività e sostiene i consumi del ceto medio-basso. Ma il problema dell'imprenditoria italiana o, se volete del capitalismo italiano non si risolve certo tagliando il cuneo di cinque punti (fossero anche dieci non cambierebbe). Non si risolve da fuori ma da dentro il capitalismo. Si risolve valorizzando gli imprenditori che innovano il prodotto e non solo il modo di produrlo; che cambiano i gusti del mercato; che modificano i termini dell'offerta, non quelli che seguono passivamente la domanda.

Ho detto prima dell'insufficienza di Prodi nel dibattito su Telecom, ma aggiungo che quell'insufficienza ha toccato il culmine negli interventi dell'opposizione. La quale si è avventata sul tema Rovati senza spendere neppure un minuto di tempo sull'assetto di Telecom, dei mancati investimenti, dell'assetto del capitale. Insomma della sostanza della questione. Prodi almeno su quell'aspetto qualcosa ha detto. I suoi interlocutori neppure una sillaba. Un dibattito, voglio dirlo, d'una povertà intellettuale inaudita.

Il Tfr. Quei soldi, diciamolo ancora una volta, non sono delle imprese ma dei lavoratori. Se i lavoratori optano per lasciarli alla previdenza pubblica, hanno pieno diritto di farlo. Alle imprese resta comunque lo stock perché il passaggio all'Inps si esercita su una parte dell'accantonamento annuale.

Certo le imprese ne sono penalizzate. Dovranno ricorrere di più all'autofinanziamento e alle banche. In questo secondo caso spenderanno un 3 per cento in più. Saranno indotte ad essere più competitive. L'operazione si limiterà ad essere una "una tantum"? Dipende dai recuperi dell'evasione. Intanto l'avanzo primario salirà dallo zero lasciato da Tremonti al 2 per cento. Questa è la migliore premessa per la riduzione del debito pubblico, altra meta che l'Europa richiede e che è nel nostro precipuo interesse raggiungere.

Sembra che nessuno si ricordi più del lascito che è stato ereditato dalla trascorsa legislatura. Un lascito disastroso. Con le casse vuote, l'avanzo primario azzerato, il debito in ascesa, il deficit al 4 e mezzo per cento, i cantieri delle imprese pubbliche allo sbando, la previdenza integrativa rinviata al 2008, i contratti non rinnovati. Dopo di noi il diluvio e chi se ne frega, questa sembrò essere la filosofia di quei cinque anni.
Il diluvio per fortuna non c'è stato, la Finanziaria va ora in Parlamento col voto unanime di tutte le componenti governative.

Io vedo questo e questo scrivo. Ora comincia il passaggio parlamentare. Qualche modifica migliorativa si potrà fare ma i paletti sono stati messi e non potranno essere divelti. Il domani è in gran parte figlio dell'oggi. Oggi la giornata è stata buona.

(2 ottobre 2006)
http://tinyurl.com/nwgua

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