Don Adelino Bortoluzzi: invece il Family day crea divisioni
Qui una rete di educatori e gente che ascolta e aiuta
A Treviso una parrocchia con una strada piena di persone separate. "Soffrono già, perché ignorarle?"
DAL NOSTRO INVIATO JENNER MELETTI
TREVISO - Sul muro, dietro la scrivania, c'è un manifesto del 1948, firmato Democrazia cristiana. Un sacerdote sullo sfondo annuncia: "Meglio un prete oggi che un boia domani". In primo piano, un rosso bolscevico accanto a una forca. Il messaggio è chiaro: se non obbedisci ai preti, sarai preda dei comunisti. Don Adelino Bortoluzzi, parroco di Olmi-San Floriano, si mette a ridere. "E' un manifesto originale, me l'hanno regalato, forse per ricordarmi un passato non tanto lontano. E ricordare, anche in questi giorni, fa solo bene". Non è facile trovare sacerdoti che abbiano voglia di parlare del mega raduno annunciato a Roma. C'è chi dice che "la sola protesta permessa è il silenzio", c'è chi sostiene che "come sempre i parroci sono tagliati fuori da ogni decisione". "Vadano a Roma, quelli che credono che per salvare la famiglia basti uno slogan. Io non organizzerò certo dei pullman. Resterò qui, con le famiglie vere, che ci parlano di figli da crescere e da educare, e non di Pacs o Dico. Ma protestare non conta nulla. La gerarchia della Chiesa non ha certo smesso di essere una gerarchia".
Don Bortoluzzi (per tutti Adelino e basta) accetta di parlare, ma solo della sua parrocchia. "Io posso solo spiegare cosa succede qui, in questa periferia di Treviso, che 15 anni fa, quando sono arrivato, era solo un dormitorio costruito attorno a una strada. Posso raccontare cosa ho cercato di fare in questa terra degli schei e del consumismo, dove i figli venivano mandati a lavorare a 14 anni e la scuola era giudicata solo una perdita di tempo. Parlo delle persone che abitano qui, persone vere, una diversa dall'altra, che alla parrocchia chiedono di essere luogo di accoglienza. L'incontro di Roma? Rischia di creare solo tensione e divisione. Nella mia chiesa entrano coppie di fatto, separati, omosessuali che non possono ricevere la Comunione ma che sono in comunione con gli altri fedeli. La chiesa è l'unico posto dove queste persone possono entrare senza che nessuno chieda loro un pass. Si sentono accolti da qualcuno più grande di tutti noi, dalle braccia della misericordia di un Dio che vuole bene a tutti".
C'è una strana strada, nella parrocchia, che qualcuno chiama "la via delle coppie di fatto". "Hanno costruito dei monolocali che sono stati affittati o comprati da uomini e donne che si sono separati ed hanno lasciato la casa in centro al coniuge e ai figli. Alcuni hanno nuove compagne. Come prete, posso ignorare queste persone? Il matrimonio è formato da coppie di diritto e da coppie di fatto, ma è anche dono e mistero, ed io lavoro per il dono e il mistero. Ci sono anche persone che si sentono sconfitte dalla vita. Non è bello separarsi, non è bello vivere in conflitto con la stessa persona con la quale hai fatto dei figli. Io cerco di trovare quello stile che Gesù aveva con le persone sofferenti. Chi sta già pagando un alto prezzo, deve trovare nella chiesa bontà e misericordia".
Anche qui i matrimoni in chiesa sono merce rara. L'anno scorso solo 4, contro 30 battesimi e 16 funerali. "Qualcuno si è sposato in altre parrocchie, ma la crisi c'è. La mia preoccupazione di parroco è comunque quella di fare sapere a chi si sposa che il matrimonio è una vocazione, da vivere con quella pienezza che è frutto di libertà di stare assieme ma anche grazia dello spirito. Dobbiamo poi ripensare anche alla "penitenza". Io posso assolvere un aborto o un assassinio, non una separazione. Su questo dramma aspetto un nuovo magistero dalla Chiesa. Se non avremo il coraggio di affrontare questi temi, per tanti la liturgia e il Vangelo saranno ridotti a norme e riti, facendo perdere la forza che hanno per aiutare l'uomo a vivere bene".
Non è facile trovare preti come don Adelino. In quindici anni ha costruito il centro sociale per gli anziani, con campi bocce al coperto, una grande palestra, un centro incontri per le famiglie... "Non ho il male della pietra. Ho cercato di trasformare un dormitorio in un paese. I soldi? Per raccoglierli, organizziamo anche la sagra del toro allo spiedo. Ci sono famiglie che si tassano, e poi ci sono i debiti. Ma adesso Olmi non è più solo una strada fra i dormitori. Sono diventato prete nel 1974, in tempi in cui i referendum sull'aborto e sul divorzio hanno segnato il crollo della cristianità. Ero cappellano vicino a Mestre e in quegli anni di tensioni fortissime vissute dagli operai di Marghera la parrocchia faceva campagna elettorale, per la Dc, ed era il centro di potere più grande del paese. Il parroco allora faceva e disfaceva la giunta comunale. Adesso noi preti, su questa questione, per fortuna non contiamo più nulla. Chi crede che possano tornare i tempi del manifesto con il prete e il comunista, si illude. Con altri sacerdoti ho imparato che la parrocchia deve essere un centro di spiritualità, non di potere. Arrivato qui, potevo vivere come un "manager di azienda di servizi religiosi". Battesimi e prediche, benedizioni e funerali. Faccio tutto questo, ma ho scelto anche un'altra strada. Ho studiato, ho chiamato qui degli specialisti. Ci sono soprattutto psicoterapeuti. E così a Olmi non c'è un "prete educatore" ma una vera comunità educante".
Cento ragazzi e ragazze, in questo pezzetto di nord est così refrattario agli atenei, si sono già laureati. "Seguiamo i ragazzi delle superiori, per completare un discorso culturale che la scuola non riesce a dare. Gli universitari fanno comunità: organizziamo appartamenti a Milano, Bologna, Padova. Dicono che "Adelino porta via i ragazzi dalle famiglie". E' vero. Io dico che bisogna studiare davvero e trovare un lavoro, fare un mutuo per uscire di casa subito dopo la laurea, farsi una famiglia. Anche in questo campo voglio essere un manager che riunisce persone competenti. Ragazzi in crisi trovano qui in parrocchia una risposta e soprattutto un aiuto a individuare la strada giusta. E così abbiamo gli anziani che gestiscono il bar portando orgogliosi il grembiule con scritto "Noi di Olmi" ma anche psicologi, psicoterapisti, analisti con i quali abbiamo costruito una rete di sostegno che serve tutta la comunità. Una rete, questa, che ci ha aiutato ad esempio ad organizzare famiglie che hanno deciso di andare ad abitare tutte nello stesso condominio, per una solidarietà reciproca. Ma è una rete che, se necessario, consiglia anche la separazione di una coppia, se questa appare come la soluzione più opportuna. Può sembrare strano che certi consigli arrivino da una parrocchia, ma la crisi arriva anche nelle famiglie sposate in chiesa. Non puoi fare finta di nulla".
A Olmi (1.200 dei 3.500 abitanti partecipano alle messe della domenica, 25 mamme insegnano il catechismo e 180 volontari organizzano le attività della parrocchia) l'altro giorno sono stati battezzati quattro bambini. "C'erano due neonati, il figlio di un ricco industriale e il figlio di un operaio. E c'erano due bambini più grandi, figli di una coppia di fatto. Sono amici di bambini battezzati, anche loro hanno voluto il sacramento. I loro genitori erano presenti ed hanno chiesto alla nostra comunità di farsi carico dell'educazione cristiana dei loro figli. Sono cose che succedono, se una parrocchia tiene davvero le porte aperte a tutti".
(2. continua)
(30 marzo 2007)
http://tinyurl.com/2gc9wt
Qui una rete di educatori e gente che ascolta e aiuta
A Treviso una parrocchia con una strada piena di persone separate. "Soffrono già, perché ignorarle?"
DAL NOSTRO INVIATO JENNER MELETTI
Don Adelino Bortoluzzi, parroco di Olmi-San Floriano
Don Bortoluzzi (per tutti Adelino e basta) accetta di parlare, ma solo della sua parrocchia. "Io posso solo spiegare cosa succede qui, in questa periferia di Treviso, che 15 anni fa, quando sono arrivato, era solo un dormitorio costruito attorno a una strada. Posso raccontare cosa ho cercato di fare in questa terra degli schei e del consumismo, dove i figli venivano mandati a lavorare a 14 anni e la scuola era giudicata solo una perdita di tempo. Parlo delle persone che abitano qui, persone vere, una diversa dall'altra, che alla parrocchia chiedono di essere luogo di accoglienza. L'incontro di Roma? Rischia di creare solo tensione e divisione. Nella mia chiesa entrano coppie di fatto, separati, omosessuali che non possono ricevere la Comunione ma che sono in comunione con gli altri fedeli. La chiesa è l'unico posto dove queste persone possono entrare senza che nessuno chieda loro un pass. Si sentono accolti da qualcuno più grande di tutti noi, dalle braccia della misericordia di un Dio che vuole bene a tutti".
C'è una strana strada, nella parrocchia, che qualcuno chiama "la via delle coppie di fatto". "Hanno costruito dei monolocali che sono stati affittati o comprati da uomini e donne che si sono separati ed hanno lasciato la casa in centro al coniuge e ai figli. Alcuni hanno nuove compagne. Come prete, posso ignorare queste persone? Il matrimonio è formato da coppie di diritto e da coppie di fatto, ma è anche dono e mistero, ed io lavoro per il dono e il mistero. Ci sono anche persone che si sentono sconfitte dalla vita. Non è bello separarsi, non è bello vivere in conflitto con la stessa persona con la quale hai fatto dei figli. Io cerco di trovare quello stile che Gesù aveva con le persone sofferenti. Chi sta già pagando un alto prezzo, deve trovare nella chiesa bontà e misericordia".
Anche qui i matrimoni in chiesa sono merce rara. L'anno scorso solo 4, contro 30 battesimi e 16 funerali. "Qualcuno si è sposato in altre parrocchie, ma la crisi c'è. La mia preoccupazione di parroco è comunque quella di fare sapere a chi si sposa che il matrimonio è una vocazione, da vivere con quella pienezza che è frutto di libertà di stare assieme ma anche grazia dello spirito. Dobbiamo poi ripensare anche alla "penitenza". Io posso assolvere un aborto o un assassinio, non una separazione. Su questo dramma aspetto un nuovo magistero dalla Chiesa. Se non avremo il coraggio di affrontare questi temi, per tanti la liturgia e il Vangelo saranno ridotti a norme e riti, facendo perdere la forza che hanno per aiutare l'uomo a vivere bene".
Non è facile trovare preti come don Adelino. In quindici anni ha costruito il centro sociale per gli anziani, con campi bocce al coperto, una grande palestra, un centro incontri per le famiglie... "Non ho il male della pietra. Ho cercato di trasformare un dormitorio in un paese. I soldi? Per raccoglierli, organizziamo anche la sagra del toro allo spiedo. Ci sono famiglie che si tassano, e poi ci sono i debiti. Ma adesso Olmi non è più solo una strada fra i dormitori. Sono diventato prete nel 1974, in tempi in cui i referendum sull'aborto e sul divorzio hanno segnato il crollo della cristianità. Ero cappellano vicino a Mestre e in quegli anni di tensioni fortissime vissute dagli operai di Marghera la parrocchia faceva campagna elettorale, per la Dc, ed era il centro di potere più grande del paese. Il parroco allora faceva e disfaceva la giunta comunale. Adesso noi preti, su questa questione, per fortuna non contiamo più nulla. Chi crede che possano tornare i tempi del manifesto con il prete e il comunista, si illude. Con altri sacerdoti ho imparato che la parrocchia deve essere un centro di spiritualità, non di potere. Arrivato qui, potevo vivere come un "manager di azienda di servizi religiosi". Battesimi e prediche, benedizioni e funerali. Faccio tutto questo, ma ho scelto anche un'altra strada. Ho studiato, ho chiamato qui degli specialisti. Ci sono soprattutto psicoterapeuti. E così a Olmi non c'è un "prete educatore" ma una vera comunità educante".
Cento ragazzi e ragazze, in questo pezzetto di nord est così refrattario agli atenei, si sono già laureati. "Seguiamo i ragazzi delle superiori, per completare un discorso culturale che la scuola non riesce a dare. Gli universitari fanno comunità: organizziamo appartamenti a Milano, Bologna, Padova. Dicono che "Adelino porta via i ragazzi dalle famiglie". E' vero. Io dico che bisogna studiare davvero e trovare un lavoro, fare un mutuo per uscire di casa subito dopo la laurea, farsi una famiglia. Anche in questo campo voglio essere un manager che riunisce persone competenti. Ragazzi in crisi trovano qui in parrocchia una risposta e soprattutto un aiuto a individuare la strada giusta. E così abbiamo gli anziani che gestiscono il bar portando orgogliosi il grembiule con scritto "Noi di Olmi" ma anche psicologi, psicoterapisti, analisti con i quali abbiamo costruito una rete di sostegno che serve tutta la comunità. Una rete, questa, che ci ha aiutato ad esempio ad organizzare famiglie che hanno deciso di andare ad abitare tutte nello stesso condominio, per una solidarietà reciproca. Ma è una rete che, se necessario, consiglia anche la separazione di una coppia, se questa appare come la soluzione più opportuna. Può sembrare strano che certi consigli arrivino da una parrocchia, ma la crisi arriva anche nelle famiglie sposate in chiesa. Non puoi fare finta di nulla".
A Olmi (1.200 dei 3.500 abitanti partecipano alle messe della domenica, 25 mamme insegnano il catechismo e 180 volontari organizzano le attività della parrocchia) l'altro giorno sono stati battezzati quattro bambini. "C'erano due neonati, il figlio di un ricco industriale e il figlio di un operaio. E c'erano due bambini più grandi, figli di una coppia di fatto. Sono amici di bambini battezzati, anche loro hanno voluto il sacramento. I loro genitori erano presenti ed hanno chiesto alla nostra comunità di farsi carico dell'educazione cristiana dei loro figli. Sono cose che succedono, se una parrocchia tiene davvero le porte aperte a tutti".
(2. continua)
(30 marzo 2007)
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