sabato 13 novembre 2004

La Corporation

di Antonio Padellaro

L’altra sera, nell’accomiatarsi dal Tg5 Enrico Mentana ha detto che non gli piace fare la vittima e che il vittimismo gli fa venire l’orticaria. Una frase certamente da apprezzare, come regola generale di vita e come contributo all’autobiografia di un bravo professionista che ha ricevuto dal suo editore, Mediaset e quindi Berlusconi, tutto quanto si è meritato in tredici anni di direzione. Compreso l’incarico di direttore editoriale come premio di consolazione. In questa storia l’unica vera vittima ci sembra piuttosto il vasto pubblico del Tg5 che resta all’oscuro delle vere ragioni che hanno indotto Mediaset, e quindi Berlusconi, a sostituire un direttore con un altro, visto che al direttore sollevato non si possono rimproverare né i cattivi ascolti né un’improvvisa crisi di credibilità (anzi a Mentana, il giorno dopo, tutti esprimono la più ampia solidarietà cantandone le lodi). Poiché una chiara risposta sul perché non sia più il direttore del principale tg Mediaset difficilmente arriverà dal nuovo direttore editoriale di Mediaset, al vasto pubblico del Tg5 non resta che prendere in considerazione un’ipotesi. Non è che forse Mentana, come ha scritto Curzio Maltese su “Repubblica”, è stato allontanato perché «non era abbastanza servo nei confronti del padrone, anche se non ha quasi mai cancellato le notizie sgradite a Berlusconi, al massimo le ha un po’ nascoste»? Non è che forse, nel momento più critico del suo governo e guardando ad elezioni che non può più perdere Berlusconi ha avuto bisogno di trasformare il suo tg in uno strumento di battaglia politica, in un corpo contudente contro gli avversari. Fuochino? Fuocherello?

Chiediamo scusa ai lettori se ironizziamo su una vicenda molto seria, ma il fatto è che, in Italia, la dittatura sull’informazione è giunta a un livello tale che ormai non resta che prendere la cosa a ridere. Che altro se no, quando proprio il giorno dopo l’epurazione di Mentana, sulla copertina del settimanale “Panorama” un gigantesco Bruno Vespa sovrasta il titolo: «Ve la racconto io la Storia». Spottone celebrativo del nuovo libro del giornalista prediletto dal presidente del Consiglio, padrone di Mediaset nonché proprietario della Mondadori. Ovvero la casa editrice per i cui tipi scrive il novello Erodoto e che stampa “Panorama”, il settimanale diretto da Carlo Rossella che, guarda caso, sarà il nuovo direttore del Tg5 al posto di Mentana. Ma Bruno Vespa significa “Porta a Porta”, definita il terzo ramo del Parlamento perché, così si dice, se un uomo politico non viene invitato in quel salotto, non è nessuno.

Berlusconi. Vespa. Rossella. In quale nazione al mondo l’informazione viene dominata da una simile onnipotente corporation? E in quale democrazia chi si azzarda a notare questa, diciamo così, anomalia del sistema rischia un giudizio d’ignominia da parte del giornalismo cosiddetto indipendente? Sul “Corriere della sera”, per esempio, Aldo Grasso assai si compiace che Mentana abbia annunciato in diretta la sua cacciata, «pur senza gridare al regime». Che bizzarra osservazione. L’importante non è il licenziamento del «più bravo» direttore di tg ma che costui, nell’atto di essere buttato fuori, non abbia pronunciato l’odiata parola. Grasso, però, non se la prende con i girotondi, e questo è già un progresso.

Non esiste paese al mondo dove il potere (politico, finanziario, religioso) non cerchi, continuamente, di superare il confine con l’informazione: quella sottile linea rossa che garantisce, appunto, la separazione dei poteri e le libertà dei cittadini. Nei regimi autoritari, dove vince il più forte, lo sconfinamento è permanente. Nelle democrazie, l’invasione di campo può essere contenuta se c’è una legge a tutela dell’interesse comune e un giornalismo geloso della propria autonomia. In Italia questa legge ci sarebbe ma qualcuno si sente di applicarla? Perfino la mite normativa sul conflitto d’interessi (agosto 2004) prescrive l’immediato intervento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni se esiste il sospetto che le imprese che fanno capo al titolare di cariche di governo forniscano un sostegno privilegiato al medesimo titolare di cariche di governo. Il senatore Stefano Passigli (Ulivo) non ha dubbi in proposito. Mentana non ha forse dichiarato che la sua sostituzione è stata voluta dalla proprietà Mediaset in vista di grandi appuntamenti politici? E ciò non significa che Berlusconi vuole coprire il fallimento del proprio governo condizionando la libertà dei suoi stessi giornalisti per meglio manipolare le notizie che gli fanno comodo?

Quanto all’autonomia dell’informazione è come il coraggio di don Abbondio: non esiste legge al mondo che possa garantirla se non sono gli stessi giornalisti a pretenderne il rispetto. Oggi nelle direzioni dei giornali e dei tg comanda soprattutto la generazione dei cinquantenni. Molti vengono dal ‘68 o da esperienze in partiti di sinistra. Conoscono il cinismo della politica e spesso volentieri lo praticano. Bravi professionalmente sono, in genere, abituati a regolare le loro lancette sull’orologio del potere. Per alcuni di essi Berlusconi, con il suo governo, i suoi soldi, le sue televisioni ha rappresentato un richiamo irresistibile. Fanno gruppo. Si frequentano. Si scambiano le poltrone. Sono amici. L’altra sera Mentana ha dichiarato che da direttore editoriale Mediaset «vigilerà» sull’autonomia del Tg5 di Rossella. Bisognerà vedere chi vigilerà su Mentana.

Tratto da l'Unità del 13 novembre 2004

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