di Furio Colombo
Non c'è bisogno di commentare la sentenza Dell'Utri. È come una lapide. Basta leggerla.
Non c'è bisogno di riparlare della cosiddetta assoluzione di Berlusconi annunciata da tutti i telegiornali e giornali italiani. Berlusconi è stato riconosciuto responsabile di «corruzione semplice» (pagamento diretto di danaro a un giudice) solo perché al tempo della imputazione del reato non esisteva la «corruzione giudiziaria», diventata materia di reato solo dopo l'inizio di quella umiliante vicenda.
Non c'è bisogno di ripetere ciò che l'ex presidente Cossiga ha detto in Italia, ma che chiunque avrebbe detto in Europa e in America: il portatore di una simile ombra dovrebbe dimettersi. Sappiamo di vivere in un contenitore stagno chiamato Italia, in cui non circolano libere informazioni. C'è una sola porta, una sola estrema uscita di sicurezza: il voto. Berlusconi lo sa e sta cercando con tutti i mezzi di cui dispone di sigillare quella porta. Vediamo.
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Con uno scatto di vitalità, il capo del governo, di Forza Italia e di Mediaset ci ha fatto sapere che la campagna elettorale è iniziata. È la sua campagna elettorale. Riguarda se stesso. Cerca il trionfo, non solo la vittoria. Chiede il potere permanente, non un rinnovo dell'alternanza. Immagina, e si aspetta, il dominio pieno e completo sui suoi alleati. Quanto ai partiti e ai dirigenti di quei partiti, li vede come vassalli, valvassini e valvassori, destinati a popolare la sua corte, con buoni vantaggi personali, ma un destino di ubbidienza, come si è visto in quest'ultimo periodo. C'era maretta, c'erano spunti di ribellione. Uno scatto del capo-padrone li ha messi tutti in riga e ha chiuso definitivamente il discorso, intruppando ciascuno, anche coloro che avevano affidato ai media sproporzionati messaggi di indipendenza, nella casella prestabilita. Quanto ai cittadini, lui li vede e li indica sempre come «il pubblico» da cui esige esclusivamente applausi.
Molti italiani (tanti da far stare continuamente sul chi vive il personaggio di cui parliamo) lo sanno ma non amano parlarne. Conoscono il piglio deciso e la forza di Berlusconi, pensano che non sia il caso di dire apertamente quello che pensano, hanno visto che non è andata bene a chi ci ha provato, per quanto illustre. Chi ti protegge, se i suoi ti attaccano?
E ormai sappiamo che lo fanno sempre, subito, in tanti, e senza scrupoli.
Sentite che cosa è stato prontamente scritto contro Romano Prodi, ex presidente della Commissione Europea e leader di tutta l'opposizione italiana, quando si è permesso di dire che le «camicie azzurre» di Berlusconi, militanti a pagamento secondo l'annuncio dato da Berlusconi stesso, sono «mercenari»: «Si può rispondere a Prodi che quando uno definisce mercenari i militanti del partito di maggioranza (si noti il riferimento deliberato alla sacralità di quel partito, ndr) egli si qualifica politicamente come un fior di mascalzone, punto e basta» (Il giornale, 6 dicembre).
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Ma il silenzio degli italiani per molti necessario (pensiamo a tutti coloro che lavorano nell'informazione e in tutti i tipi di strutture pubbliche) per altri consigliato dalle circostanze, non impedisce che essi (probabilmente in numero molto grande, se e quando troveranno il coraggio di dirlo) si rendano conto di un fatto che è sotto gli occhi di tutti. Non c'è nulla, nella irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi, che riguardi l'Italia e gli italiani. Hanno capito tutti, anche i meno esperti di questioni fiscali, la natura esclusivamente personale ed elettorale del cosidetto «taglio delle tasse», che ha richiesto una monumentale alterazione dei conti, ha reso giustamente sospettosi i controllori europei, ha spostato e aumentato la pressione fiscale in altri punti, pur di costruire un piedestallo elettorale per il solo Berlusconi. La sarabanda della cosidetta assoluzione nel processo Sme è nella stessa linea e con lo stesso stile del lavorare esclusivamente per il trionfo personale di Berlusconi. Prima della sentenza è stata massacrata la giustizia italiana per diminuire il danno e disporre di accuse contro i giudici in caso di condanna. La giustizia è stata massacrata in decine di dichiarazioni più degne di una tifoseria che dei commenti politici a un evento giuridico anche dopo la sentenza. È cominciata una nuova danza di guerra intorno ai «giudici politicizzati», definizione che sta per «nemico» e riguarda chiunque osi sfidare il capo in nome delle prerogative del ruolo di giudicare, dunque di una fondamentale libertà costituzionale.
Anche le proposte violente e di scontro con cui Berlusconi esige l'abolizione della «par condicio» (ultima tenue legge che dà una voce a chi non possiede o controlla tutti i mezzi di comunicazione) e la immediata modifica della legge elettorale (caso gravissimo di cambiamento delle regole mentre la gara è in corso) non hanno nulla a che vedere con interessi, ansie, problemi e drammi dell'Italia che Berlusconi governa.
In un Paese emarginato, impoverito, senza produzione, senza esportazione, senza consumo, in cui tutti i servizi e le prestazioni dei servizi diminuiscono, Berlusconi continua nella lunga serie di leggi che riguardano solo lui, prima nei suoi interessi economici, poi nelle sue avventure giudiziarie, adesso per la sua nuova strategia: salire da solo, grazie ad appositi cambiamenti delle leggi e alla intimidazione dei suoi stessi alleati, in un punto di comando incontrastato. Persino coloro che non si considerano anti-berlusconiani o che non vogliono avere il feticcio del pro e del contro, finiscono per vedere il tratto più stravagante e più tipico di questo modo di governare. Berlusconi usa l'Italia per se stesso, ignora il Paese e i suoi cittadini, mobilita tutto il potere che riesce ad accumulare (moltissimo, in una quantità unica al momento) più tutte le risorse del Paese stremato per servire se stesso, la sua presunta grandezza, la sua immagine esasperata del leader che non è.
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Parte di qui la campagna elettorale dell'opposizione, dell'Alleanza guidata da Romano Prodi. Le difficoltà, come tutti sanno, non sono poche, la coalizione non si è ancora saldata, lo strabismo tormenta ancora i partiti e gruppi e leader che dovranno apparire non solo accostati ma uniti, non solo desiderosi del buon risultato, ma davvero capaci di collaborare. Mancano gli ingredienti della generosità, che induce ciascuna parte o gruppo o leader a dare all'impegno comune, prima di chiedere per il tornaconto del proprio gruppo. Manca la visione per capire e per far capire che stiamo attraversando un momento molto pericoloso della storia italiana. Ma ci sono due grandi punti di forza che consentono di cominciare subito. C'è Romano Prodi alla guida dell'Alleanza, in coincidenza con ciò che lui è stato e che rappresenta. E c'è la possibilità di segnare con forza la differenza. Di là, nella maggioranza, è in gioco la gloria e il piedistallo di uno. Di qua è in gioco l'Italia.
Nessuno, nell'Alleanza guidata da Prodi, contrapporrà ai penosi manifesti «Forza Silvio» che cominciano a vedersi in Italia, la celebrazione di qualcuno. La grande carta che l'opposizione unita può giocare da subito è che è finito il carnevale. E che le «camicie azzurre», in ogni caso mercenarie, secondo la natura mercantile del mondo di Berlusconi, hanno un brutto suono di estraneità alla democrazia. Sono la forza fisica e materiale di chi dispone solo di forza fisica e materiale. Se il protagonista della campagna elettorale, dal lato dell'opposizione unita e guidata da Prodi, è l'Italia, diventa facile e istantaneo il pensiero che la spaccatura del Paese - incattivimento, aggressione, uso spregiudicato di tutti i mezzi - è altrove. È dove si ramazzano risorse, si accatastano ricchezze, si altera l'immagine dell'interesse nazionale, si rompono e si creano alleanze, al servizio di una sola persona. E tutto avviene al solo scopo di creare un fastidioso museo con dentro uno che nel mondo non conta niente ma in Italia pesa abbastanza da affondare il Paese. L'Italia che non cresce, come denunciano insieme sindacati e imprenditori, quando si troverà accanto una alleanza di leaders e di esperti che promette di governare il Paese, e non per glorificare una sola, ingombrante straricca persona incapace di dedicarsi ad altro e non a se stesso, si renderà conto che una alternativa esiste e che è realistica.
La gente giovane, a parte i mille ragazzi che per qualche mese saranno assunti da Berlusconi (e forse anche loro) vedranno che il futuro c'è, se non si gettano sul loro percorso le scorie di vanità, illegalità, prepotenza e incompetenza che hanno raso al suolo le potenzialità del lavoro.
I nuovi venuti, gli emigranti, che in intere aree del Paese sono indispensabili, a patto che vi siano leggi umane, comprensibili e utili (sia alla protezione che al clima di civiltà) non saranno più visti da cittadini male informati e impauriti come il nemico e il pericolo. Perché un governo umano e intelligente evocherà il successo multirazziale, multireligioso, multiculturale degli Stati Uniti, dovuto all'accettazione e alla integrazione. Lo stato sociale, nella incarnazione più nobile che ha migliorato in modo incredibile le condizioni della vita nel mondo democratico, tornerà ad essere un valore, non un bunker da far saltare.
Quanti sono gli italiani che continuano a sentirsi europei e legati all'Europa e umiliati dal ministro della Giustizia che obbedisce alla Lega Nord ma non alla Costituzione, non ai legami e impegni internazionali dell'Italia e rifiuta di accogliere le leggi della Unione (per esempio il mandato di arresto europeo, respinto con gesto e motivazioni ridicole dal ministro leghista?). Questi italiani, che forse non sono una minoranza, hanno adesso una casa in cui Romano Prodi non è soltanto il simbolo d'Europa, ma il leader capace di cancellare la brutta figura degli insulti al deputato Schultz, della vasta collezione di brutte figure ai Summit del mondo, di umiliazioni per l'Italia fatte di corna, di barzellette e di canzonette.
L'Italia abbandonata di proposito da Berlusconi nelle mani di An, della Lega, della Udc siciliana che, con diversi progetti armonizzati dall'interesse comune, hanno spezzato e diviso l'Italia, devastato la sua Costituzione, sostenuto l'illegalità del Nord e del Sud, favorito le violazioni, le prepotenze, le guardie padane, le mafie, adesso ha un punto di riferimento serio, adulto, maturo, a cui guardare per liberarsi dal carnevale cattivo scatenato su tutti gli aspetti della vita italiana da Berlusconi e dai suoi cori a pagamento.
È vero, è il momento in cui il confronto si fa serio, perché è troppo drammatico ciò che è in gioco. Ma è seria, per fortuna, la coalizione di salvezza che adesso gli italiani hanno accanto. Intorno a Prodi, per liberare l'Italia dall'incubo.
da l'Unità del 12 dicembre 2004
domenica 12 dicembre 2004
Intorno a Prodi
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