La Regione Toscana aveva varato uno Statuto coraggioso, che comprendeva anche il riconoscimento delle convivenze omosex. Il Governo lo aveva impugnato. Ma la Corte Costituzionale dà ragione a Firenze.
Se la Toscana fosse uno Stato, la legge sul PaCS sarebbe prevista dalla Costituzione. Con la sentenza pubblicata lo scorso 2 dicembre, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondate le opposizioni del Governo al nuovo Statuto regionale toscano. Tra le undici questioni su cui il Consiglio dei Ministri aveva sollevato dubbi di incostituzionalità, anche il dibattuto comma 1 dell'articolo 4 che dispone che la Regione, riconosca e sostenga oltre che la famiglia fondata sul matrimonio, anche le «altre forme di convivenza» comprese quelle tra persone dello stesso sesso.
Il Governo si era opposto a questo comma ritenendo che potesse costituire da un lato la base per una successiva iniziativa di legge sui rapporti tra conviventi lesiva della competenza esclusiva dello Stato; dall'altro un tentativo di allargare il concetto di famiglia oltre quello specificato nella Costituzione italiana. A queste obiezioni la Corte ha risposto con una interpretazione ampia: questa e altre norme del testo statutario - ha deliberato durante la seduta del 29 novembre - svolgono una funzione «di natura culturale e politica», e definiscono il principio generale verso cui l'attività legislativa della regione intende muoversi; nessun contrasto quindi con le competenze statali.
Il testo del nuovo Statuto toscano è così il primo a ricevere il via libera tra quelli che contengono il riconoscimento delle convivenze etero e omosessuali. Indicazioni simili sono infatti previste anche negli statuti di Emilia Romagna, Umbria e Marche, sebbene la formulazione utilizzata in Toscana sia la più esplicita e diretta. Un risultato notevole per una Regione che ha da poco varato la prima legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale mai approvata in Italia.
L'entrata in vigore del nuovo Statuto è prevista per il prossimo 12 febbraio 2005; potrebbe fermarlo solo un referendum popolare che venga richiesto da un cinquantesimo degli elettori toscani (circa 50-60 mila cittadini) o da un quinto dei consiglieri regionali (cioè 10). Ma è un rischio che sembra lontano.
Il testo dello Statuto che ha passato l'esame della Corte era stato infatti approvato in Consiglio Regionale da una maggioranza larghissima che comprendeva An, Forza Italia e il centrosinistra. Due i voti contrari (Prc e Pdci si opponevano a norme come l'elezione diretta del Presidente della Regione); due gli astenuti (Udc). E persino i Vescovi toscani nel testo di commento alla bozza di Statuto avevano utilizzato espressioni che, pur volendo riconfermare la centralità della famiglia tradizionale, lasciavano intendere insolite aperture verso la tutela delle coppie di fatto. In questo quadro un referendum regionale risulta assai improbabile.
D'altra parte il lavoro di concertazione effettuato dalla commissione Statuto con la società civile è stato intenso. Vi ha preso parte anche l'associazionismo omosessuale, e soprattutto il coordinamento regionale di Arcigay, che ha chiesto e ottenuto di poter intervenire in commissione per esporre le proprie rivendicazioni. Gli incontri sono serviti anche a definire la formulazione che, nell'accogliere le richieste di gay e lesbiche, avesse più probabilità di ricevere il sostegno della componente cattolica del governo regionale. Si è giunti così alla soluzione di porre «il riconoscimento delle altre forme di convivenza» dopo la dichiarazione secondo la quale la Regione si impegna per la «tutela e la valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio».
Ma cosa cambia ora per i gay e le lesbiche toscani? Secondo i detrattori dello Statuto, le disposizioni in esso contenute sarebbero puramente ideali e non potrebbero avere nessun riscontro legislativo concreto. E' vero che senza un riferimento giuridico nazionale i diritti che una Regione può riconoscere alle unioni di fatto sono piuttosto limitati; ma è evidente il valore politico e culturale dell'esistenza di realtà regionali come la Toscana che si impegnano in posizioni più coerenti con le indicazioni che giungono dal resto d'Europa, in un paese come l'Italia che si tiene ideologicamente e praticamente lontano dai dettami comunitari. E' quanto sottolineano molti esponenti del centrosinistra e del movimento gay e lesbico commentando la notizia.
Per il governatore Claudio Martini «la Consulta ha respinto il tentativo di bloccare un processo innovatore che i toscani chiedono». Riccardo Nencini, presidente del Consiglio regionale toscano, giudica quello toscano «uno Statuto straordinariamente innovativo sul piano dei diritti civili e sul piano del riequilibrio dei poteri fra Parlamento e Governo regionale» e per Franco Grillini, deputato DS e Presidente Onorario Arcigay, «la Regione Toscana è senza dubbio una apripista per ciò che attiene i diritti delle coppie di fatto». E a questo proposito, Grillini si augura che «anche altre Regioni seguano l'esempio».
Rilancia in concretezza Alessio De Giorgi, presidente di Arcigay Toscana, e all'indomani dell'approvazione dello Statuto annuncia di voler proporre al Consiglio Regionale «una legge che, applicando quanto il nuovo Statuto stabilisce, dia diritti alle coppie di fatto nelle materie su cui la Regione può legittimamente legiferare».
(fonte: Pride gennaio 2005)
http://www.gaynews.it/view.php?ID=30493
mercoledì 5 gennaio 2005
Benedetti toscanacci!!!
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Sex crimes and the Vatican
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