venerdì 25 febbraio 2005

«Punto e a capo», squadrismo tv contro la sinistra

di Anna Tarquini

Pensavamo di aver visto tutto, ma Punto a Capo di giovedì sera ha superato qualsiasi immaginazione. È andato in onda lo squadrismo in tv, è andato in onda un processo postumo al G8, ma soprattutto alla sinistra e senza contraddittorio possibile. L’inchiesta, come l’ha chiamata Masotti, aveva un titolo: «Genova G8, lezione di guerriglia urbana».

Le prove: qualche filmato inedito sugli scontri, ma soprattutto tre registrazioni di telefonate e una e-mail, secretate dai magistrati di Cosenza che stanno indagando su una decina di no global. Atti che non potrebbero nemmeno esser pubblicati e che vengono trasmessi in diretta tv nell’ora di massimo ascolto. Non sono previsti filmati con le cariche della polizia ai manifestanti, ai sessantenni scesi in piazza con i giovani e alla gente comune. Non si dice che a Genova è in corso un processo che vede decine di agenti di polizia, compresi i vertici del Viminale, accusati di falso e lesioni gravi.

Inizia così Masotti. Inizia con la faccia che sembra uno smacco: «Abbiamo documenti scottanti, e-mail che vi faremo vedere per dare un contributo alla verità. Ma noi non siamo giudici, non siamo qui per questo». Una pausa e precisa: «Avevamo invitato Agnoletto insieme al ministro Gasparri che tra poco sarà coin noi. Ma un’ora e mezzo prima dell’inizio della trasmissione ha declinato l'invito». Legge la motivazione: «Indipendentemente dal fatto che, come lei ben sa, la legge italiana vieta la diffusione di materiale depositato in sede di indagine prima che sia giunto a conclusione il processo di appello - scrive Agnoletto - per quanto mi riguarda non condivido e non mi sono mai arreso all'idea che i processi, prima ancora che in tribunale, si svolgano negli studi televisivi». Non commenta oltre e passa a Caruso, il leader dei no global napoletani che non ha invitato e che non è nemmeno in collegamento telefonico. «Caruso mi preannuncia querela. Ma anche noi staremo a vedere cosa succederà».

Stacco, parte il filmato con una manifestazione di piazza. Non è una manifestazione qualsiasi e non è il G8. È il corteo di sabato scorso per la liberazione di Giuliana Sgrena. La telecamera inquadra Caruso e un gruppo di disobbedienti. In sottofondo si sentono le loro voci scherzare con l’operatore «Ti ammazziamo, ti ammazziamo, sei della Digos». E la risata di un bambino. Poi l’obiettivo inquadra Caruso che sfila pacificamente dietro uno striscione mentre viene intervistato. Masotti commenta fuori scena: «Ecco quali sono le frasi che usano, ecco come si comportano alle manifestazioni». Poi ammicca al pubblico: «Consigliamo questo programma ad un pubblico adulto». È il momento, Masotti tira fuori lo scoop, quell’intercettazione che nessuno dovrebbe avere. Per loro è la prova. È il 18 luglio alle 17.46, Caruso parla con un giornalista a proposito della zona rossa posta a protezione dell'area del vertice e spiega: «ma noi andremo oltre la zona rossa. Cioè, se ci saranno altri muri che non saranno di ferro, saranno umani». Quanto all'eventualità di «superare prima degli altri muri, non è questo il problema, l'abbiamo preventivato. Cioè che c'era prima un muro che è fatto appunto... che costa 24 milioni al mese senza gli straordinari, che è fatto coi manganelli, coi caschi».

La scena si apre sullo studio. Sono presenti Barbara Palombelli, Marco Rizzo, Diaconale e il ministro Gasparri. Non c’è Casarini, non c’è Caruso. «Ecco - sorride Masotti - abbiamo visto la preparazione alla guerriglia urbana, chiedo a Rizzo (Comunisti italiani) un commento». «La prima cosa che mi viene da dire della vostra trasmissione è che state violando il segreto istruttorio e lo state facendo in televisione - dice - Mi viene da rilevare la gravità della modalità con cui avete usato le intercettazioni». Interviene Palombelli: «Prendo le distanze dalla trasmissione e da Rizzo, anche perché in questo momento dovremmo pensare al Santo Padre». Masotti a Diaconale: «Avresti pubblicato questo materiale?». «Sì, l’avrei pubblicato».

È la volta di Gasparri: «Sentire le affermazioni di Caruso e Cesarini nei filmati è come fare un’intervista. Quello che dobbiamo rilevare è che c’è una contiguità tra la sinistra e i movimenti. Vogliamo ricordare il consigliere D’Erme che è stato arrestato per una manifestazione non global?». Il ministro di An non parla molto perché arriva la seconda prova, l’altra intercettazione e gli altri filmati. La telefonata è delle 23.48 del 16 luglio 2001, e a pochi giorni dal G8 di Genova. Francesco Caruso parla con Pietro: «C'è anche il Black Bloc qui con noi - dice Caruso - allo stadio Carlini ci stanno i Black Bloc, svedesi, inglesi che vogliono fare come Goteborg, cioè vogliono fare una cosa assieme sul livello della disobbedienza....». Il filmato riprende le devastazioni di Genova e Caruso che parla: «La città è grande - dice al megafono in piazza - ci sono mille vie e ognuno è libero di manifestare come crede». Parlano ancora la Palombelli, e Diaconale che dice: «C’è una verità oggettiva, la violenza di Genova è stata organizzata. E c’è una verità giudiziale che ha colpito soprattutto o poliziotti». Masotti interrompe: «C’è soprattutto un rapporto con i black bloc che è stato sempre negato». Lo ferma Rizzo, l’unica controparte: «A Genova è stato ucciso un ragazzo e questo non è stato proprio detto in trasmissione. A Genova ci sono delle indagini dei magistrati sui pestaggi, quella banda vestita di nero che sembrava uscita dalla Rinascente, quella che avete fatto vedere adesso perché non l’ha fermata nessuno? E Fini, perché Fini era nella caserma dei carabinieri quel giorno?». La risposta non arriva. La trasmissione viene interrotta per un collegamento sul Papa. Quando si torna in studio c’è solo posto per Gasparri. L’ultimo insulto: «Qui parliamo di violenza e toni di violenza usati dall’Unità e dal suo direttore che dopo una vita passata come dipendente della Fiat nei C.d.A. e nei paradisi fiscali, quasi per farsi perdonare è diventato estremista»

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