sabato 2 aprile 2005

Addio Giovanni Paolo II

Il Papa sta morendo in Vaticano ed un commento si impone: certamente un grande rispetto per chi si sta spegnendo, ma anche per chi a causa sua ha sofferto. L'editoriale del nostro direttore.


Bisogna portare a chi, dopo una lunga sofferenza, sta morendo.

In qualche modo questo grande evento collettivo, mondiale, di profondo cordoglio per la sua morte, tocca tutti noi, gay e lesbiche, cattolici, di altre confessioni od atei.

Ma questa morte, il rispetto che di fronte a questa è dovuto e anche una certa reverenza per una persona che ha segnato profondamente la storia dell'umanità dell'ultimo quarto di secolo, non può farci tacere rispetto al ruolo che il suo pontificato ha avuto nella vita concreta delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali e delle persone transessuali del pianeta.

Non riesco neppure oggi, neppure di fronte alla morte, dimenticare chi è questo signore polacco che si sta spegnendo nelle stanze del Vaticano. E il fatto di essere bombardato, io come tutti voi, da telegiornali e giornali che non riescono minimamente a parlare d'altro e che lanciano continue e patinatissime agiografie su di lui, mi impedisce ancor di più di tacere.

Questo Papa lo ricordo certamente come un grande artefice della pace mondiale, un grande mediatore, una persona spesso al fianco dei più poveri e un po' meno a fianco dei potenti (Pinochet a parte), uno che ha sfidato l'Unione Sovietica e quello che quell'impero rappresentava e che nella distruzione di quella dittatura ha avuto un ruolo non secondario, uno che ha abbracciato tante persone sieropositive, anche se con quell'atteggiamento pietistico e compassionevole che non è facile, da laici, condividere.

Ma non posso non ricordarlo come il papa più omofobo di tutti i tempi, quello che ha sbattuto la porta in faccia nell'anno del Giubileo al 5% della popolazione mondiale, unica categoria non accolta quell'anno e la cui manifestazione è stata apertamente osteggiata, quello che ha dato il via ad una caccia alle streghe senza fine nella Chiesa mondiale ai preti ed alle suore omosessuali, quello che ha occultato lo scandalo della pedofilia nella Chiesa statunitense, quello che ha condotto una battaglia senza tregua contro qualsiasi riconoscimento delle coppie dello stesso sesso, quello che ha messo il veto alla risoluzione dell'ONU contro la penalizzazione dell'omosessualità anche con la pena di morte in molti paesi del mondo, quello che si è circondato di alcuni personaggi (come quel Ratzinger che oggi La Repubblica dice potrebbe pure diventare papa) che semplicemente ci vedrebbero di nuovo bruciati sul rogo, come facevano un tempo proprio nelle terre in cui abito, quello che ha lasciato che l'AIDS fosse intesa come giusta punzione divina contro le aberrazioni sessuali degli uomini gay, quello che in nome del rispetto della vita (ovviamente vita di quelli che hanno ancora da nascere, non di quelli che vivono) ha impedito l'utilizzo del preservativo in molti paesi poveri del mondo, aiutando così che l'epidemia si espandesse a larghissime parti della popolazione.

Come giustamente commenta stamani John Gallagher su Planetout.com, grazie a lui, l'omosessualità è entrata nella top ten dei mali della modernità da combattere. Questo posizionamento era dovuto alle sue esperienze. Come giovane, ha visto l'occupazione nazista della Polonia. Come vescovo e poi come cardinale, ha resistito alla repressione di un regime comunista. Una volta che il comunismo è caduto, qualcos'altro ha dovuto prendere il posto nei mali da combattere. E noi, con le nostre rivendicazioni, con la nostra chiamata di dignità e diritti, eravamo lì, pronti, a colmare quel vuoto.

Non riconoscergli questo ruolo, anche in questo momento in cui merita profondo rispetto per la morte che lo sta raggiungendo, non sarebbe giusto per le tante ed i tanti che hanno sofferto e stanno soffrendo a causa sua.


Alessio De Giorgi, Direttore di www.gay.it

http://it.gay.com/view.php?ID=19976

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