Lo chiede la comunità cattolica fiorentina nelle venti proposizioni che il Consiglio pastorale diocesano consegnerà al cardinale Antonelli
APERTURA ai gay, ai divorrziati e alle coppie di fatto. La richiesta viene nientemeno che dai fedeli fiorentini. Ed è scritta nera su bianco nelle venti proposizioni che il Consiglio pastorale diocesano consegnerà all'arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli durante l'assemblea pastorale diocesana di domani al centro Spazio Reale di San Donnino. Le venti proposizioni sono il risultato di un anno di lavoro svolto dai rappresentanti di associazioni, parrocchie e vicariati della diocesi con la partecipazione di oltre mille persone. Il testo definitivo nato attorno al tema «Comunità eucaristica per un mondo che cambia» sarà sottoposto a una votazione. E tra il bisogno di semplificare i linguaggi e la necessità di celebrare le festeil documento mette con la proposizione numero 10 al centro del dibattito cattolico l'apertura verso una società in continua trasformazione. Con coppie che si dividono e genitori che non si sposano, con credenti omosessuali e famiglie allargate. «Alla base c'è l'idea che la comunità eucaristica deve accogliere anche queste persone senza ritenerle cristiani di serie B», spiega il presidente del Consiglio pastorale diocesano Leonardo Bianchi. E aggiunge: «Questo non significa mettere in forse il fondamento della dottrina, non possiamo snaturare i nostri principi, ma neanche rifugiarci nella logica dell'arroccamento». Il parroco di San Donnino Don Giovanni Momigli, da 15 anni testimone attento della sua comunità, conferma: «La società è cambiata in modo veloce. Per la Chiesa è venuto il momento di rapportarsi in modo nuovo con forme di convivenza che vanno al di là delle forme canoniche». Eppure per Momigli la Chiesa non è affatto nuova a un concetto del genere. «Qui si tratta di rendere visibile e tangibile il concetto di accoglienza che già è presente». In realtà l'apertura alle coppie di fatto da parte della chiesa sa molto di rivoluzionario, ma Don Momigli è convinto del contrario e precisa: «Ripeto, nei fatti è già così, solo che ora è una cosa privata tra il parroco e le singole persone. Ma se un gay o un divorziato bussa alla porta della parrocchia nessuno lo manda via. Anzi. Io stesso in questo periodo sto preparando al matrimonio una coppia che ha un bambino e non è sposata». Ma se è davvero così, allora che bisogno c'era di metterlo per iscritto nelle proposizioni elaborate dal Consiglio pastorale. «Il bisogno c'era - conclude Momigli - perché ora è necessario che questo concetto esca dal privato per diventare di dominio pubblico, patrimonio della comunità. Senza che nessuno si scandalizzi».
http://www.gaynews.it/view.php?ID=32342
sabato 21 maggio 2005
La comunità cattolica di Firenze: "Apriamo alle coppie di fatto, ai gay e divorziati"
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Sex crimes and the Vatican
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