di ILVO DIAMANTI
È rischioso dare per scontato l'esito di una consultazione che avverrà fra qualche mese. Molte cose possono avvenire, prima di allora. Senza dimenticare che, più dei voti, contano i seggi. E la conversione dei voti in seggi dipende da leggi elettorali che possono cambiare, come ci rammentano le iniziative politiche dell'ultima settimana. Tuttavia, le stime fornite dai sondaggi, realizzati da tutti i principali istituti demoscopici (per ultimo, l'Ispo di Renato Mannheimer) spingono gli osservatori, oltre ai protagonisti politici, a sbilanciarsi nelle previsioni tanto chiaro e netto risulta il vantaggio a favore del centrosinistra.
Un dato confermato anche dall'indagine dell'Atlante politico di Repubblica, condotta da Demos-Eurisko nei giorni scorsi, che, nelle intenzioni di voto degli italiani, vede l'Unione prevalere del 7,5% nel proporzionale; di oltre il 9% nel maggioritario. Una misura ampia e pressoché stabile, negli ultimi mesi. Sottolinea che la maggioranza di governo oggi è minoranza fra i cittadini. Questa tendenza ha cause note.
Anzitutto, la delusione, diffusa nella società e nella stessa base elettorale del centrodestra. Un atteggiamento che viene da lontano. D'altronde, non è da ieri che il centrodestra, nelle stime di voto, è superato dal centrosinistra. Solo che, fino a un anno e mezzo fa, appariva in svantaggio soprattutto nel maggioritario, per la difficile coesistenza fra le diverse formazioni - e opinioni - politiche presenti nella Cdl. Nel proporzionale, invece, "teneva", anche se con crescente difficoltà. Non a caso, alle elezioni europee del 2004, dove si vota con il proporzionale, i due schieramenti si erano equivalsi (anche se il centrosinistra aveva, comunque, recuperato in modo significativo, rispetto al 1999). In seguito, però, i sondaggi hanno rilevato il progressivo calo dei consensi per il centrodestra anche nel proporzionale.
Così, il centrosinistra è passato in vantaggio,
stabilmente, sia nel maggioritario sia nel proporzionale. Una tendenza resa evidente non dai sondaggi, ma dal voto reale, alle elezioni regionali di aprile. Dove il centrodestra ha perduto sia nel calcolo dei presidenti eletti, sia conteggiando il voto ai partiti.
La prima causa di questo andamento, dal punto di vista dell'analisi elettorale, è costituita dal crollo di Forza Italia. Aveva sfiorato il 30% alle elezioni politiche del 2001 (e il 25% alle europee e alle regionali degli anni precedenti), è scivolata al 18%, secondo il sondaggio di Demos-Eurisko. Un dato inferiore a quello, mediocre, ottenuto alle regionali. Gli alleati (si fa per dire...) della Cdl, invece, confermano il risultato conseguito alle regionali. Alcuni migliorano (An e Udc), altri (Lega) scendono di poco. Senza, tuttavia, drenare le perdite della coalizione. La loro affermazione rende, anzi, più ardua la coabitazione.
Perché, se la colla fornita da Fi diminuisce di consistenza, allora i pezzi del puzzle appaiono incapaci di stare insieme, incastonati nella stessa cornice. La debolezza del partito network, peraltro, rende difficile la comunicazione fra il governo e la società.
Alla base del calo dei consensi a Fi c'è la crisi di credibilità di cui soffre la sua principale, ormai unica, fonte di identità. Il Presidente; il premier Silvio Berlusconi. L'indagine dell'Atlante politico mostra, infatti, come, nei suoi confronti, esprima fiducia il 32% dei cittadini (intervistati). Si tratta del livello più basso, da un anno a questa parte. Fra i leader del centrodestra, lo superano, largamente, Fini e Casini, mentre Follini e perfino Bossi lo affiancano. Il fatto che anche Prodi, per grado di fiducia, fra gli elettori di centrosinistra sia superato da altri leader (Veltroni e Fassino), non ridimensiona il deficit di consenso del premier. Perché Prodi ottiene, comunque, un consenso personale superiore al presidente del consiglio. Perché, inoltre, contrariamente a Berlusconi, egli è, comunque, riconosciuto dagli elettori dell'Unione come candidato indiscusso, alla presidenza del consiglio.
Perché, infine, Berlusconi non è un capo-condominio, ma il padrone di casa. Il proprietario. E mal sopporta, per questo, un sostegno dimezzato dai suoi elettori.
La crisi della leadership, di Fi e del centrodestra, tuttavia, richiamano, nell'insieme, quel clima di delusione, cui abbiamo fatto riferimento. Quel disincanto, che da sottile si è fatto via via più greve e pesante. Un malessere endemico. Una bruma grigia, che si è depositata nella società. E oscura ogni orizzonte: lontano e vicino. A livello economico, di sicurezza; in ambito nazionale e familiare. Non ci credono più, i cittadini, che qualcosa possa cambiare in meglio. Non credono più alla diminuzione delle tasse, alla ripresa dei mercati e del sistema produttivo. Neppure alla crescita degli occupati (o al calo dei disoccupati). Nonostante le statistiche registrino una - seppur timida - ripresa. Non se ne accorgono, gli italiani. Ascoltano, disattenti, i discorsi dei ministri e del premier. Raccolgono, diffidenti, le notizie che giungono dai mercati e dalle borse. Perché troppe volte Pierino ha gridato "Al lupo!". Adesso non gli credono più. Hanno perso la fiducia. E la fiducia, in politica, è tutto...
Per cui la maggioranza rischia di non ricavare i benefici attesi neppure da iniziative istituzionali estemporanee. Come il recente progetto di riforma elettorale, delineato dall'Udc. Un singolare caso di proporzionale-maggioritario, che dovrebbe garantire rappresentanza ai partiti, rispettandone l'autonomia e il peso reale, ma impone loro di allearsi preventivamente e ripropone il meccanismo, tipicamente maggioritario, del premio di maggioranza... Tuttavia, per quanto favorisca il centrodestra, non è detto che ne garantisca la vittoria. Non solo perché, se la riforma passasse, probabilmente i piccoli partiti del centrosinistra troverebbero un antidoto allo sbarramento del 4%. Aggregandosi fra loro, oppure con i partiti maggiori. Ma anche perché, se le tendenze elettorali dell'ultimo anno si confermassero, il centrodestra rischierebbe, comunque, di perdere. Come lascia intendere questa indagine.
Perché, infine, è passata fra la gente l'idea che si tratta di una legge "ad personam", costruita dalla Cdl su misura delle proprie specifiche esigenze. Come emerge dal sondaggio dell'Atlante politico (ma anche un recente sondaggio di Ipsos per Ap. Com). E, per questo, appare un ulteriore segno di vulnerabilità. Un'ammissione di debolezza. Un messaggio sconfortante e sconfortato.
Così, questa lunga vigilia che precede il voto del 2006 ricorda una gara di cui si conosce, con largo anticipo, il risultato. Vincitori e vinti. I quali, già oggi, si comportano come tali. Il centrosinistra: sicuro di vincere e - anche per questo - perfino un po' "antipatico" (come suggerisce Luca Ricolfi, in un saggio pubblicato di recente da Longanesi). Il centrodestra: rassegnato; e "apatico". Ma la campagna elettorale è ancora lunga. E, dopo la lezione del voto tedesco, conviene coltivare la virtù della prudenza, al centrosinistra. Per vincere le elezioni, oltre ai sondaggi.
http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/politica/versoelezioni/rimopolo/rimopolo.html
martedì 20 settembre 2005
Neanche il Polo crede alla rimonta, credibilità di Berlusconi a picco
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