mercoledì 26 aprile 2006

La Costituzione è comunista

di Marco Travaglio


Dunque è ufficiale. Dire, come fa Bertinotti, che Mediaset «deve dimagrire in pubblicità e reti» non si può. È un «pensiero liberticida» (Schifani, FI), un’«entrata a gamba tesa» (Calderoli, Lega), una «vendetta» (Volontè, Udc), «illiberale» (Berlusconi, FI-Mediaset), «un reato» (Crosetto, FI), una «posizione inquietante e avventurista» (Bondi, FI), una «vendetta contro Berlusconi» (Mentana, Mediaset), un’«idea comunista» (Mastella, Udeur), una «legge contro» (Pecoraro Scanio, Verdi), una «visione punitiva per castigare Berlusconi» (Polito, Dl), un’«ingiustizia per i lavoratori Mediaset» (Rizzo Pdci, Fede Rete4). Per carità, è comprensibile che il proprietario di Mediaset, i suoi cari e gli ospiti fissi delle sue tv si stendano come scudi umani a protezione di quanto hanno di più prezioso.

Ma che pretendano di difendere il monopolio della tv commerciale e della pubblicità, per giunta incostituzionale, in nome del libero mercato, confondendo la concorrenza col comunismo, è singolare. Il fatto è che proprio quel monopolio, saldato col controllo militare della Rai, ha prodotto il pensiero unico e la paura di chiamare le cose con il loro nome. Una mutazione genetica che impedisce oggi agli uomini del centrosinistra di pensare e di dire ciò che pensavano e dicevano tranquillamente dieci o cinque anni fa. Un breve promemoria non guasterà.
La cura dimagrante per Mediaset non è un'idea balzana del compagno Berty. È quanto ha stabilito per ben due volte la Corte costituzionale. Il 7 dicembre 1994 la Consulta dichiara illegittima la legge Mammì e intima al Parlamento di cambiarla perché viola l'articolo 21 della Costituzione: «Il legislatore è vincolato a impedire la formazione di posizioni dominanti nell'emittenza privata e favorire il pluralismo delle voci nel settore televisivo... L'esistenza di un'emittenza pubblica non vale a bilanciare la posizione dominante di un soggetto privato... La posizione dominante data dalla titolarità di 3 reti su 9 assegna un esorbitante vantaggio nella utilizzazione delle risorse e della raccolta della pubblicità». Le frequenze sono limitate e chi possiede 3 reti su 9 (di fatto 3 su 6 o 7) deve cederne una. Il Parlamento ha tempo fino al 27 agosto 1996 per provvedere.
Nel '95 si vota un referendum, che fissa il tetto antitrust a una sola rete. Ma, grazie all'ignavia della sinistra in campagna elettorale e al martellante bombardamento pubblicitario sulle reti Fininvest, vince il No. Commenta amaro Norberto Bobbio: «Il motivo principale per cui Berlusconi ha vinto il referendum che tendeva a diminuire il suo potere televisivo è stato il fatto stesso che aveva questo potere».

Resta però da attuare la sentenza della Consulta. E l'Ulivo nel '96 s'impegna a farlo nella tesi 51 del programma di Prodi: «obiettivo intermedio» la discesa di Mediaset da 3 a 2 reti; «obiettivo finale, consentire a ogni editore di avere un solo canale generalista via etere terrestre e di cedere quelli in più». I leader dell'Ulivo dicono cose ben più spinte del Bertinotti odierno. D'Alema: «Si rimuove la Mammì, si fa tabula rasa, si riparte da zero. E si fa l'Antitrust assumendo come base la sentenza della Corte costituzionale che dichiara illegittima la proprietà di tre reti tv da parte di un unico soggetto». Prodi: «La prima cosa che faremo al governo sarà attuare la sentenza della Consulta del '94 che comporta la riduzione delle reti Fininvest via etere da 3 a 2».

Con quel programma, il centrosinistra vince le elezioni e va al governo. Il ministro Maccanico, nella legge sulle tv, fissa i tetti antitrust al 30% del mercato per la pubblicità in tv e al 20% per le frequenze nazionali disponibili (non più di due reti sull'analogico terrestre).
Ma poi, fra compromessi e ostruzionismi del Polo, tutto viene rinviato a quando esisterà «un effettivo e congruo sviluppo dell'utenza dei programmi via satellite o via cavo». Espressione quantomai vaga, che lascia tutto come sta. Sine die.
Intanto Berlusconi quota Mediaset in borsa e azzera i debiti, proprio perché Rete4 è sempre lì. Ma, il 20 novembre 2002, la Consulta dichiara incostituzionale pure la Maccanico e impone a Mediaset di dimagrire a due reti entro il 31 dicembre 2003. Oltretutto Rete4 è «abusiva»: nel '99 ha perso la gara per le concessioni a trasmettere su scala nazionale. La gara l'ha vinta Europa 7 di Francesco Di Stefano, che però non può trasmettere perché le frequenze sono occupate da chi seguita a farlo senza concessione.

Ultima puntata: nel dicembre 2003, allo scadere dell'ultimatum della Consulta, il governo Berlusconi salva Rete4 dal passaggio su satellite con l'apposita legge Gasparri.Ciampi però la rimanda indietro. Allora si provvede, in zona Cesarini, col decreto salva-Rete4 e con la Gasparri-2. I berluscones agitano due spauracchi: l'oscuramento di Emilio Fede (come se non potesse traslocare su Canale5) e il licenziamento di «migliaia di lavoratori» (che in realtà sarebbero poche centinaia,e potrebbero essere ampiamente assorbiti da Europa7, che legalmente dovrebbe trasmettere sulle frequenze di Rete4). Ora gli stessi argomenti farlocchi echeggiano anche a sinistra. Chi non accetta il sistema Mammì- Maccanico-Gasparri e invoca due sentenze della Consulta, è comunista. Ma chi l'ha detto che Berlusconi ha perso?


dall'Unità del 26 Aprile 2006

1 commento:

Il Rabdomante ha detto...

nessuno, purtroppo non lo pensa nessuno...

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