martedì 26 settembre 2006

Poste: quei cd dei CAP che fra tre mesi si butteranno via

di Toni De Marchi


Un ufficio postale - foto Ansa
Questa è la storia di uno dei piccoli scandali dell´Italia moderna, di un´ex azienda di Stato diventata SpA ma che non ha perso le buone, vecchie abitudini di dare un cattivo servizio e di sprecare denaro, suo e nostro. È la storia di un numeretto, il CAP, il codice di avviamento postale, e di un dischetto, un cd. Una storia dove scopriremo che per far soldi su un servizio che siamo obbligati ad usare, le Poste Italiane ci vendono un cd rom che funziona solo su alcuni computer, e anche su quelli ancora per poco, perché tra tre-quattro mesi quando papà Bill Gates farà uscire il nuovo Windows Vista, con i cd dei CAP potremmo farci delle sottotazzine. E se qualcuno volesse arrangiarsi, non si può: i CAP, che fino al 20 settembre erano disponibili sul sito delle Poste, non ci sono più. Eliminati per non far concorrenza ai cd che non funzioneranno più tra tre mesi.

Tutto comincia il 19 settembre, con un comunicato delle Poste che annuncia l´entrata in vigore dei nuovi CAP. Il giorno dopo: ventiquattro ore di preavviso per un cambiamento che interessa 79 comuni, 2400 frazioni e il 10% delle strade delle grandi città, circa 5000 a occhio e croce. Diciamo che qualche milione di italiani si ritrova con il CAP cambiato dalla mattina alla sera.

Il cambiamento forse era necessario, dopo quasi 40 anni di vita. Il CAP italiano nasce infatti nel 1967. Ricordo ancora il libricino dalla copertina beige, una specie di bignami, che ci arrivò a casa portato (gratis) dal postino. C´era un segnale di Italia che stava diventando moderna. Ma, diciamocelo, quel numeretto a cinque cifre non è mai stato completamente accettato. Forse colpa di un servizio postale che ha impiegato molti, troppi anni per acquistare un minimo di efficienza. Ho qui davanti agli occhi una lettera raccomandata speditami qualche giorno fa da uno studio professionale. Una lettera che è dunque stata vista e accettata da un ufficio postale (non dirò quale, per carità di patria): eppure il mio CAP sull´indirizzo non c´è e all´impiegato dello sportello non è venuto in mente di pretenderlo. Ma questo non c´entra.

Il 20 settembre, a mattinata inoltrata, sul sito delle Poste i CAP sono ancora quelli vecchi. Eppure il comunicato era perentorio: le lettere senza CAP o con il CAP sbagliato torneranno indietro. E se avessi voluto spedire una lettera alle 10 di mattina al mio amico di Venezia che una volta aveva il 30131, e adesso ha cambiato CAP, cosa avrei dovuto fare?

Solo dopo un black-out di alcune ore, sul sito delle Poste riappare il motore di ricerca dei CAP. Posso documentare tutto: ho le email scritte alla Poste per chiedere lumi.

Il sito però non aiuta granché: a parte le dieci righe del comunicato stampa, nulla che spieghi nel dettaglio i cambiamenti. Alle richieste di informazioni il 160 telematico manda una mail con un allegato dalla quale si apprende che i CAP si possono comperare o sotto forma di libro, o di Cd che viene offerto in due versioni: cercaCAP e cercaCap Professional. Il primo costa 6,90 euro, il secondo tra i 1000 e i 5000 euro l´anno.

Dal sito sono anche scomparsi i file con tutti i CAP italiani e che c´erano fino al giorno prima. Le Poste hanno evidentemente deciso che i CAP sono una merce come un´altra e si debbono pagare, possibilmente salati. Eppure c´è molta gente, privati, professionisti, piccoli uffici, che si gestivano le agende e la posta con programmini fatti ad hoc e i dati dei CAP consentivano di scrivere gli indirizzi senza errori e senza dover ogni volta guardare su Internet. Non tutti sono disposti a spendere mille e più euro per poter continuare a lavorare così.

Molti forum on line, in particolare quello di Punto Informatico, hanno denunciato la cosa e le reazioni sono state moltissime. In pochi giorni l´articolo sui CAP ha provocato ben 159 risposte da altri forumisti. Un numero altissimo se consideriamo la natura molto settoriale dell´argomento. E i blog personali che criticano questa politica sono tantissimi: basta fare una ricerca in rete per constatarlo. Insomma, in giro ci sono un sacco di arrabbiati con le Poste.

Non ci resta che comperare il cd a 6,90 euro. Detto fatto, acquistato dopo molta fatica e molti giri in uffici postali dove il cd era esaurito, arriva la sorpresa: non si può utilizzare su Macintosh e neppure su Linux, ma solo su Windows. Direte, ma la maggioranza della gente ha Windows. Sì, ma il CAP è obbligatorio per tutti, anche per quelli che hanno Linux e Mac. Non mi risulta una dispensa per questi, un decreto ministeriale che li esoneri vista l´impossibilità di usare i cd ufficiali delle Poste.

Tra l´altro esistono decine di soluzioni software che possono girare su tutte e tre i sistemi operativi, molte di queste sono per di più OpenSource, cioè possono essere utilizzate gratuitamente, cosa che avrebbe potuto anche far abbassare il costo del cd, oltre a renderlo compatibile con tutti i computer in circolazione. Per esempio esiste già un software OpenSource, trovacap realizzato da Danilo Cicerone, che funziona benissimo e avrebbe potuto probabilmente essere facilmente acquisito dalle Poste e reso disponibile. Gratis. Oppure, più semplicemente, rendendo disponibili i CAP, avrebbero permesso agli autori di aggiornarlo e di dare un´alternativa al loro dischetto. «Disappunto, per questo comportamento che lucra su qualcosa che è già nostro, visto che paghiamo per le infrastrutture come strade, piazze ecc…. Credo proprio che siamo all´ultima release» commenta l´autore di trovacap sul suo sito.

Ma le Poste non hanno trovato di meglio che riproporci una soluzione targata Microsoft, pagando non si sa quanto di royalties a Bill Gates. Sgombriamo il campo da ogni equivoco: non c´è nulla di ideologico o preconcetto. Ma è incomprensibile una politica che pur di scontentare molti utenti sceglie di spendere una bella saccata di euro. Incompetenza, le solite combines? Chissà, probabilmente no, probabilmente ci sono delle ragioni forti dietro questa scelta.

Comunque, con il nostro bel cd ci siamo apprestati a installarlo. Le pagine del libretto di istruzioni dedicate all´installazione sono ben 24 su 38 (sì, avete letto bene: 24 pagine solo per spiegarvi come installare il programma sul vostro computer). Preparatevi a passare una buona mezz´ora prima di riuscire a finire tutte le operazioni di installazione, a patto che abbiate un computer veloce, altrimenti il tempo sale, e non è detto che riusciate a farlo funzionare.

Tutto fatto, vado a guardare di cosa si tratta. Le Poste usano come tecnologia Microsoft SQL Server 2000. Nel computer viene installato un software che si chiama SQL Server Desktop Engine 2000 SP4. Un tantino datato, visto che da tempo circola la versione 2005. La cosa potrebbe essere tutto sommato irrilevante, se non fosse per un dettaglio: SQL Server Desktop Engine 2000 non funziona con Vista, il prossimo sistema operativo di Windows che sarà sul mercato tra novembre e dicembre prossimi. Tra due, tre mesi, cioè chi compera un nuovo computer o installa Vista su quello vecchio, potrà buttar via il cd. A meno che le poste non ne facciano una nuova edizione (che bisognerà comperare).

Che non funzioni con Vista non è peraltro un segreto ben custodito e inaccessibile. È scritto bello grande a questa pagina del sito della Microsoft: «se state realizzando un´applicazione che usa MS SQL Server Desktop Engine 2000, dovreste considerare al suo posto SQL Server 2005 Express Edition» perché sia compatibile con Vista. Che cosa ci voleva a leggere questo avviso e a cambiare il software? Incompetenza, distrazione, burocrazia? Difficile dirlo. Certo, non avrebbe evitato l´esclusione degli utilizzatori di sistemi diversi da Windows (si stima che tra Mac e Linux il 6 – 7 per cento dei computer usino sistemi alternativi a quelli di Microsoft, e considerando che sono circa 20 milioni i computer italiani parliamo di 1,2 – 1,4 milioni di esclusi: mica pochi) ma certo avrebbe evitato lo scorno degli altri. Come dire: un´eccellente politica di marketing.

http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=59883

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