sabato 27 gennaio 2007

27 GENNAIO, PER NON DIMENTICARE L`OMOCAUSTO

(26/01/2007) Tante le manifestazioni in tutta Italia. Approvato il ddl Mastella contro la discriminazione che contempla anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Sabotatori sociosessuali. Così il regime nazista chiamava gli omosessuali. Il popolo tedesco doveva sopravvivere e moltiplicarsi. Noi froci non potevano avere figli e così ci appiccicavano un triangolo rosa e ci mandavano a morire nei campi di concentramento. Il 27 gennaio è il "Giorno della Memoria". Per non dimenticare i sei milioni di ebrei sterminati; ma anche i dissidenti politici, gli zingari, i testimoni di Geova. E gli omosessuali. 60mila persone furono processate per la violazione del paragrafo 175, di questi circa 10mila vennero internati nei campi di concentramento. Quest’anno una bella notizia accompagna il ricordo delle vittime. Il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimita' il ddl del ministro della Giustizia Clemente Mastella che reintroduce le norme del 1993 previste dal decreto Mancino sulla discriminazione razziale, etnica e religiosa. Norme che il governo Berlusconi aveva depenalizzato lo scorso anno e che ora contempleranno anche l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

TUTTE LE INIZIATIVE ITALIANE IN MEMORIA DELL'OMOCAUSTO

Ma del monumento alle vittime omosessuali del nazismo, che doveva sorgere a Roma, ancora non c’è traccia. "Mi auguro che il sindaco di Roma in occasione delle celebrazioni della giornata della memoria dia una concreta indicazione per la costruzione di un monumento per ricordare le vittime gay e transessuali sacrificate durante il nazifascismo - ha dichiarato Wladimir Luxuria, ricordando che nel 2004 era stata approvata, dalla giunta Veltroni, una mozione per la costruzione del monumento - Finora non risulta che siano cominciati i lavori. Spero che dal sindaco Veltroni arrivino indicazioni in questo senso in occasione proprio della giornata della memoria". In Italia monumenti in memoria dei perseguitati a causa dell’orientamento sessuale sono presenti a Trieste nella risiera di San Sabba e a Bologna nei giardini di Villa Canarini. Anche l´Homomonument nel centro di Amsterdam, quello di Berlino, di San Francisco e di altre città ricordano le vittime gay e transessuali (tutti i monumenti delle persecuzioni omofobe).

si ringrazia Arcigay
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OMOCAUSTO, L'ORRORE INGOIATO DALLA MEMORIA >>>
Durante il nazismo brutalità, esperimenti, umiliazioni sugli omosessuali. Ma per Ratzinger quell'orrore non è mai esistito.

La testimonianza di un omosessuale sopravvissuto ai campi di concentramento. Una voce per troppo tempo azzittita dal silenzio della storia.

"[A Sachsenhausen, nda] Il nostro blocco era occupato esclusivamente da omosessuali, e ogni ala aveva circa 250 detenuti. Potevamo dormire solo in camicia da notte e con le mani fuori dalle coperte, perché "Voi brutti froci siete sempre arrapati". Bisogna tener presente che le finestre erano ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio. Per punizione, chi veniva sorpreso a letto in mutande o con le mani sotto le coperte - quasi ogni notte venivano fatti dei controlli - veniva portato all’aperto, dove gli rovesciavano addosso alcuni secchi d’acqua, per poi lasciarlo là in piedi per un’ora buona. Ben pochi sopravvivevano… E noi, uomini dal triangolo rosa, eravamo veramente dei criminali, dei depravati, dei "degenerati" che arrecavano danno alla comunità? L’ordine del governo nazista di fare piazza pulita degli omosessuali, dei "degenerati", in tutto il territorio del Reich e di annientarli, di liquidarli fu eseguito docilmente e con gioia sadica dalle SS. Ma non volevano annientarci subito: prima di morire dovevamo subire crudeltà e brutalità, razioni da fame e lavori massacranti, sevizie tormentose….[A Flossenbürg, nda] Grazie alla mia amicizia con l’anziano del blocco, il mio kapò mi assegnò a dei lavori più leggeri nella cava, che però erano comunque abbastanza pesanti. Ciò che mi permise di reggere questo lavoro estenuante furono le razioni di cibo che mi passava di nascosto il mio amico. Noi uomini dal triangolo rosa, agli occhi degli altri detenuti, continuavamo ad essere gli "sporchi froci", mentre gli stessi che ci ingiuriavano e condannavano in questo modo si guardavano bene dal disturbare le relazioni dei kapò con i giovani polacchi, limitandosi ad accettarli come naturali, magari sorridendo o addirittura con una punta benevola di approvazione…. Le pratiche omosessuali di due "normali" venivano minimizzate come pratiche di compensazione, ma se due omosessuali facevano la stessa cosa col consenso reciproco, allora era una "porcata", una faccenda "sporca e disgustosa". Ovviamente avevo ben chiara una cosa: la mia volontà di sopravvivere alla prigionia nel lager era fortissima, ma per sopravvivere tra quelle bestie delle SS dovevo pagare un prezzo molto elevato. E questo prezzo erano i miei principi morali, l’educazione e l’onore. Lo sapevo bene e ne soffrivo, ma senza queste relazioni con i vari kapò oggi non sarei vivo. Nell’autunno del 1941 il reparto costruzioni del lager di Flossenbürg fu assegnato ad un nuovo Kommandoführer delle SS che era stato trasferito da un altro campo di concentramento… Alcuni di noi portavano il triangolo rosa, e quando ci presentavamo davanti a lui, per prima cosa ci sputava in faccia per esprimere in modo inequivocabile il suo profondo disprezzo per gli omosessuali. Agli omosessuali che non stavano abbastanza eretti o che non rispondevano velocemente dava un colpo di bastone in pieno viso, così forte da farli cadere in terra sanguinanti e con due o tre denti spezzati….Su ordine del comandante supremo delle SS Heinrich Himmler, nel campo di concentramento di Flossenbürg, l’estate del 1943, fu allestito un bordello per detenuti [...]. Per quanto riguardava noi detenuti omosessuali, Himmler aveva disposto che fossimo obbligati a frequentarlo regolarmente per guarire dal nostro orientamento omosessuale. [...] Il Lagerführer mi ordinò per tre volte di recarmi al bordello, e la cosa mi risultò non solo imbarazzante ma anche straziante…Nella prima fase dopo il rientro, non provavo nessun bisogno di raccontare la mia storia ad altre persone. Ma col tempo questo isolamento divenne penoso e triste".

[HEGER Heinz (pseudonomo di Josef Kohout), Gli uomini con il triangolo rosa. La testimonianza di un omosessuale deportato in campo di concentramento dal 1939 al 1945, ed. it., Torino-Milano, Sonda, 1991]




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